Sacra rappresentazione
della Cena e della Passione

Durata: 60 minuti
Drammaturgia: Castellano Castellani
Regia: Gabriele Claretti
Con gli attori della compagnia teatrale “Il cielo di carta” e il Coro Polifonico NovArmonia di Porto San Giorgio
Direttore: Alessandro Buffone
Costumi: Contrada San Martino di Sant’Elpidio a Mare
Scenografia: Giuseppe Ciarabellini
Produzione: Contrada San Martino

Spazio scenico: per l’allestimento dello spettacolo è necessaria un’area scenica minima di 15 metri di larghezza e 5 metri di profondità. Può essere allestito sia al chiuso che all’aperto, sia in uno spazio teatrale che in un uno non convenzionale.

Service audio-luci: lo spettacolo è illuminato al lume di candela. Gli attori e il coro non sono amplificati e pertanto è necessario disporre di una location con una buon acustica.

Tempi di montaggio: 120 minuti
Oneri SIAE: Il testo e i brani musicali non sono tutelati da diritti SIAE.

Sinossi

Il testo ripercorre la vita di Gesù, così come viene descritta dai Vangeli canonici, dall’ultima cena fino alla sepoltura.

Note di regia

La “Sacra Rappresentazione della Cena e Passione”, scritta in versi nel 1519 da Castellano Castellani, nonostante la datazione, appartiene alla tradizione dei “Misteri” medievali. I membri della compagnia, formatasi per la messa in scena, è composta, alla maniera – appunto – medioevale, da soli attori che interpretano anche i ruoli femminili, oltre a vestire i panni di un totale di diciotto personaggi, utilizzando elementi di costume medievali. Infatti, l’estetica dei “Misteri” era legata al proprio tempo e non a quello della rappresentazione. Inoltre, i cosiddetti luoghi deputati, dieci in tutto, sono costituiti da elementi di scenografia simbolici e soprattutto, come da tradizione, sono sempre compresenti sulla scena per tutta la durata della rappresentazione. I movimenti spaziali e il passare del tempo dipendono dall’azione drammatica affidata agli attori che interpretano i personaggi senza mai uscire davvero di scena, nel senso moderno del termine. Come per gli affreschi prima di Giotto, sulla scena la prospettiva è azzerata e la sequela di eventi e di personaggi risultano schiacciati e bidimensionali, come se la storia fosse raccontata da un affresco in una chiesa che per miracolo si muove e parla. Anche la luce, nello specifico quella delle sole candele, concorre alla stilizzazione iconografica. Non di meno, quest’ultima insieme ai canti corali, contribuisce a creare l’aurea di sacralità e ieraticità che permea l’intera rappresentazione.

Info utili:

Regista 338 6213255 / gabrieleclaretti@gmail.com

Responsabile tecnico: 3491230160  / asoundservice@gmail.com

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